AGENTI IN ATTIVITA’ FINANZIARIA

AGENTI IN ATTIVITA’ FINANZIARIA

 

Le indennità di fine rapporto tra contrattazione collettiva e art. 1751 CC

 

Merita porre l’attenzione su quel particolare settore dell’intermediazione riservato agli Agenti in attività finanziaria, ovvero a quei soggetti che promuovono e concludono contratti relativi alla concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma su mandato diretto di intermediari finanziari, istituti di pagamento, istituti di moneta elettronica, banche o Poste Italiane.

 

Gli Agenti in attività finanziaria svolgono la loro attività su mandato di un solo intermediario o di più intermediari appartenenti al medesimo gruppo. Nel caso in cui l’intermediario offra solo alcuni specifici prodotti o servizi, è tuttavia consentito all’Agente, al fine di offrire l’intera gamma di prodotti o servizi, di assumere due ulteriori mandati.

 

L’ aspetto che qui si vuol prendere in esame è rappresentato dalla disciplina delle indennità spettanti in caso di cessazione del rapporto.

Innanzitutto si deve precisare che la regolamentazione normativa è, come per tutti gli Agenti, quella degli articoli 1742 e seguenti del Codice Civile, a cui si aggiungono le norme dettate dalla contrattazione collettiva.

 

Su quest’ultima fonte nascono principalmente le problematiche relative alla determinazione delle indennità di fine rapporto, in quanto l’Accordo Economico Collettivo per la disciplina degli Agenti in servizi finanziari, in punto di indennità di fine rapporto, prevede che non trovi applicazione la cosiddetta “indennità suppletiva di clientela”.

 

L’ esclusione dal citato Accordo collettivo dell’indennità suppletiva di clientela e la completa non menzione dell’indennità meritocratica, più che rispondere a diversi criteri e principi propri del settore dell’’intermediazione finanziaria, sembrano in realtà compromettere profondamente i diritti indennitari degli Agenti in attività finanziaria e ciò anche alla luce della pronuncia della Corte di Giustizia della Comunità Europea in materia di rapporti tra contrattazione collettiva e Codice Civile italiano.

 

Con sentenza del 23 marzo 2006 la Corte di Giustizia della Comunità Europea stabiliva infatti che gli Accordi economici collettivi fossero validi se e nella misura in cui non comprimessero i diritti previsti dal Codice Civile Italiano.

In seguito a tale pronuncia è derivato l’attuale consolidato orientamento della suprema Corte, secondo cui, tra Accordi economici collettivi da un lato e Codice Civile dall’altro, il giudice deve sempre applicare la normativa che assicuri all’agente, alla luce delle vicende del rapporto concluso, il risultato migliore.

 

Tra le molte sentenze della Suprema Corte che esprimono questo principio, si cita Cass. Civ., sez Lavoro, 24 luglio 2007, n. 16347, la quale spicca per chiarezza espositiva.

 

In detta sentenza si stabilisce che, tra Accordi Economici Collettivi da un lato e Codice Civile dall’altro, il Giudice deve sempre applicare “la normativa che assicuri all’agente, alla luce delle vicende del rapporto concluso, il risultato migliore, siccome la prevista inderogabilità a svantaggio dell’agente comporta che l’importo determinato dal giudice ai sensi della normativa legale deve prevalere su quello, inferiore, spettante in applicazione di regole pattizie, individuali o collettive. Ne consegue pertanto che l’indennità contemplata dall’Accordo Economico Collettivo del 27 novembre 1992 rappresenta per l’agente un trattamento minimo garantito, che può essere considerato di maggior favore soltanto nel caso che, in concreto, non spetti all’agente l’indennità di legge in misura inferiore”.

 

Numerose sono le successive e conformi pronunce.

 

Alla luce di tale orientamento deve escludersi quindi che la norma del contratto collettivo secondo cui sono escluse l’indennità suppletiva di clientela e quella meritocratica sia tale da impedire sempre e in ogni caso una liquidazione da parte del giudice maggiore rispetto al solo FIRR che, secondo il citato accordo, rappresenta l’unica indennità spettante agli Agenti in attività finanziaria.

 

Ogni qualvolta, infatti, il giudice riconosca che attraverso l’attività dell’agente la mandante goda di significativi vantaggi futuri e che sussistano gli ulteriori requisiti di cui all’articolo 1751 Cod. Civ., anche agli agenti in attività finanziaria potrà essere riconosciuta la maggiore indennità prevista dall’articolo 1751 Codice Civile quantificabile in un massimo pari alla media delle provvigioni riscosse dall’agente negli ultimi 5 anni di rapporto o nel periodo inferiore.

 

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